L'iniziativa

«I miei 500 chilometri a piedi fino a Kiev per aiutare l'Ucraina»

L'impresa di Kevin Carboni: «Ho spostato le mie ferie estive tra settembre e ottobre per compiere 25 tappe da 20 chilometri senza mezzi e raccogliendo fondi a favore della pace»
Kevin Carboni; sullo sfondo, il logo di ‘Walk to Kyiv’, l'iniziativa benefica che lo ha reso protagonista tramite un lungo cammino dalla Polonia fino alla capitale Ucraina
Jona Mantovan
26.10.2023 08:45

I colleghi della redazione di Wired l'avranno ringraziato parecchio. Kevin Carboni, 31.enne di Ancona, ha lavorato tutta l'estate per poi spostare le sue ferie tra settembre e ottobre. Ma i turni garantiti ai colleghi durante i mesi caldi avevano il loro perché. Un perché fatto di umanità, solidarietà e una raccolta fondi quantomeno singolare. L'impresa, conclusa il 9 ottobre, è stata una lunga camminata di 500 chilometri. Sì, 500 chilometri tutti a piedi, senza mezzi. Venticinque tappe da 20 chilometri l'una. La lunga marcia a favore della pace dalla Polonia alla capitale dell'Ucraina è stata documentata sui media sociali, con foto, video e anche un podcast. L'idea è intitolata Walk to Kyiv (con la grafia ucraina del nome della capitale). E così, mentre il transito verso il Paese è da tempo (per non parlare dei collegamenti aerei che sono stati sospesi a causa del conflitto scatenato dalla Russia), un passo alla volta, giorno dopo giorno, il giovane ha trovato nuovi e vecchi amici tenendo alto il nome della pace. «Sono partito da solo. Dovevano accompagnarmi anche altre persone, ma all'ultimo alcuni non potevano per motivi di lavoro, altri per semplice paura. A Kiev, però, ho avuto l'appoggio delle due organizzazioni a cui andranno i fondi raccolti tramite il sito: Energy Act for Ukraine FoundationVoices of Children Foundation», dice al Corriere del Ticino in collegamento dalla sua casa «tra le montagne, una frazione del comune di Ancona».

Sorridente, occhiali e libreria ben nutrita alle spalle, Kevin indossa una maglia con il logo di un fulmine all'interno di un cerchio giallo. «È quella dell'Energy Act for Ukraine Foundation. Installano pannelli fotovoltaici sui tetti di scuole e ospedali. Da una parte, per far fronte alle interruzioni di fornitura elettrica, dall'altra per incentivare l'indipendenza dal combustibile fossile, proveniente dalla Russia». Spunta anche la copertina di un libro. Il nostro interlocutore ne sfoglia le pagine, mostrando numerosi disegni. «È stato realizzato dalla Voices of Children Foundation, che si occupa di dare assistenza psicologica ai minori». Le illustrazioni raccontano scene di bombardamenti, di guerra, di case distrutte.

Un cammino verso la guerra, un cammino inconsueto. A ritroso, verrebbe da dire. Verso il pericolo. «Ma quel che mi ha provocato più ansia sono stati gli allarmi aerei. Era la mia prima volta, non mi era mai capitato. La prima notte, quando alle cinque di mattina è suonato l'allarme, ho avuto una gran paura. Anche perché l'applicazione per le emergenze messa a disposizione dalle autorità ucraine mi mostrava che non c'erano rifugi nelle vicinanze. E che cosa fai, in quel caso? Ti nascondi tra due mura, m'han detto. E le uniche erano nel bagno, quindi, ovunque tu vada, quando suona l'allarme ti metti in bagno con cuscino la coperta. E questa cosa poi è continuata praticamente tutti i giorni».

Man mano che Kevin si avvicina alla capitale, aumenta sempre più la paura di un bombardamento. «Sono stato fortunato, però. Perché a Kiev, nei quattro giorni in cui ero là, non ce n'è stato nemmeno uno. Ma a farne le spese è stata Kharkiv, vittima di un attacco dei russi. Avevo paura, nell'approcciarmi a Kiev. Tuttavia, non ci sono stati allarmi. Durante tutto il resto del viaggio, invece, capitavano sempre. Anche mentre camminavo». Si può soltanto immaginare l'ansia di un allarme che si sente mentre si cammina tranquillamente tra boschi e foreste. «Magari sei fortunato e non c'è nessun obiettivo strategico attorno», ribadisce Kevin. «Dietro gli alberi, tuttavia, potrebbe sempre esserci una centrale nucleare, un traliccio o un ponte».

Da quando Putin ha sferrato l'attacco all'Ucraina avevo una sensazione costante di totale impotenza e frustrazione. Volevo mettermi in gioco e fare qualcosa per aiutare la pace

«Il mio ostello? Spazzato via»

Inevitabile, per un'iniziativa del genere, annunciarsi e cooperare con le autorità ucraine. «Certo. Mi hanno controllato e verificato che io fossi effettivamente quello che dicevo di essere. E non una spia o collaborazionista bielorusso». Anche perché il confine con la nazione amica di Putin è lì a due passi. Ma la tensione emotiva sale quando gli effetti del conflitto si fanno, man mano, sempre più concreti. «Quando cominci a vedere luoghi distrutti lungo il cammino. Poi, quando incontri i tuoi amici, che non vedi da un anno e mezzo, ti rendi conto che soffrono di stress post-traumatico. Appena sentono forti rumori si spaventano, hanno reazioni di panico».

Una delle cose che Kevin non dimenticherà mai è quella strana sensazione una volta di fronte alla sua destinazione, un ostello, completamente rasa al suolo. «Dovevo alloggiare lì, era un edificio tra altri due palazzi. E non c'era. C'era il vuoto. Era stato abbattuto, spazzato via».

Il progetto Walk for Kyiv è maturato nel corso di un anno. Anche grazie al fatto che il giovane ha trascorso vari soggiorni per motivi di studio. «Da quando Putin ha sferrato l'attacco all'Ucraina avevo una sensazione costante di totale impotenza e frustrazione. Volevo mettermi in gioco e fare qualcosa per aiutare. Tutti noi vogliamo la pace. Però un conto è scriverlo sui media sociali, metterci le bandierine colorate, un altro è fare qualcosa per dare forza a queste persone, magari strappare loro un sorriso di speranza mentre si cammina».

Sono una persona normalissima. Lavoro seduto tutto il giorno e non sono mica un atleta... Anzi, ho pure un po' di pancetta!

Una sensazione strana

Il giornalista-camminatore si sofferma poi sulla sua preparazione. «È stata lunga, ma quella prettamente atletica è cominciata più tardi, a giugno/luglio. Avevo cominciato a camminare tutti i giorni. Un'oretta la mattina prima di cominciare il lavoro, quando staccavo un'altra ora. Sempre con i pesi sulle spalle, giusto per avere l'idea dello zaino, più o meno otto chili. Facevo due, tre ore di cammino al giorno».

Kevin ci tiene a precisare che lui è «una persona normalissima». Non Superman, quindi. «Certo, di solito sto seduto tutto il giorno. Non sono mica un atleta... Anzi, ho pure un po' di pancetta», esclama. E ricorda quanto sia cambiato a livello personale. «Per me è stato un cambio di prospettiva. Avevo paura di non farcela, o che mi facesse male qualcosa. Mentre ho cominciato a camminare, però, ho capito che camminare quattro o sei ore al giorno è in realtà una cosa semplice. Era letteralmente la cosa più umana che potevi fare, cioè mettere un piede davanti all'altro. Non stai facendo veramente niente di che. Quando vedi militari nei posti di blocco, persone scappate da Kiev e quando vivi con il costante terrore di dover nasconderti in bagno o in corridoio quando dormi, beh, camminare per 500 chilometri non è veramente niente».

E poi c'è l'arrivo. Un arrivo strano, tutto sommato. «Sì, perché non sapevo cosa fare. Era strano essere arrivato, ma mi son reso conto di come sia stata una cosa facile. E infatti spero che questa facilità e questa cosa possano convincere altre persone a partecipare alla nuova marcia che vorrei organizzare l'anno prossimo. Mi piacerebbe coinvolgere molte più persone».

L'anno prossimo vogliamo lanciare un'altra camminata, con chiunque voglia venire. Speriamo, anzi, che ci sia qualcuno che vorrà accompagnarmi, questa volta

Un nuovo capitolo

L'obiettivo di questa prima tornata di passi era alto. Un milione di euro da raccogliere tramite donazioni. «Per ora ne abbiamo raccolti tremila», ma il giovane non si scoraggia. «Certo, mi rendo conto di come siano molto pochi, ma sono tantissimi rispetto a quanto ci aspettavamo di raccogliere. La campagna si chiuderà a dicembre, quindi è ancora possibile donare sul sito».

Un'avventura che non si chiude qui, dicevamo: «L'anno prossimo vogliamo lanciare un'altra camminata, con chiunque voglia venire. Speriamo, anzi, che ci sia qualcuno che vorrà accompagnarmi questa volta», conclude con un sorriso.

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