Il reportage

La biblioteca «pubblica» più antica in Ticino guarda al futuro

Gli esperti completano un primo sopralluogo dedicato alla preziosa collezione di libri di «Casa Berna», dal 2010 trasferiti nell'ex casa comunale di Fusio
Laura Luraschi, del Centro di competenza del libro antico della Biblioteca Salita dei Frati; sullo sfondo, una parte degli scaffali originali con i libri della collezione Berna
Jona Mantovan
29.06.2023 06:00

Un gruppo di esperti ha da poco completato una settimana di immersione totale nei libri della biblioteca «pubblica» più antica in Ticino. Quella fondata dall’arciprete di Locarno, Giovanni Giulio Girolamo Berna, alla fine del Settecento. I volumi sono stati trasferiti in modo provvisorio nell'ex casa comunale di Fusio, dato che la sede originale dove si trovavano – sempre in Val Lavizzara, nella Casa Berna a Prato Sornico, appunto – necessita di importanti lavori di ristrutturazione. Una volta che il Gran consiglio ticinese darà il via al credito (se tutto va bene sarà entro la fine dell'anno), quello stabile potrà guardare di nuovo al futuro. E i preziosi scritti, circa 500 opere a stampa in oltre 800 tomi, torneranno là dove si trovavano all'inizio. Non prima, però, di essere catalogati in maniera dettagliata e secondo le regole del libro antico dall'apposito Centro di competenza della Biblioteca Salita dei Frati.

«Una volta inseriti nel Sistema bibliotecario cantonale, saranno accessibili al pubblico», afferma l'esperta Laura Luraschi. «È probabile che sarà su appuntamento e non saranno possibili i prestiti, ma dopo tanto tempo questa raccolta, di cui per un certo periodo se n'erano perse le tracce, tornerà di nuovo ad avere il riconoscimento che merita», sottolinea la 48.enne. Le fa eco lo storico Flavio Zappa: «Era un piccolo centro culturale, al quale il clero poteva far capo per la propria formazione. L'idea è riproporre lo stesso spirito di apertura di Don Berna». E così, un domani, ci sarà la rinnovata biblioteca, ma anche «altri contenuti che ancora non conosciamo», dice il 59.enne, collaboratore dell'Archivio di Stato e titolare dello studio Orizzonti alpini. Zappa segue questo progetto sin dagli esordi quando, nel 2008, il tesoro era stato traslocato da Prato Sornico a Fusio.

Intanto, Luraschi scatta con il cellulare alcune foto a mo' di documentazione e prende un volume da uno degli armadi dal colore griogioazzurri, fra l'altro commissionati all'epoca da Don Berna e realizzati su misura, anche questi restaurati pochi anni fa. La pubblicazione è molto grande e spessa. Sembra anche piuttosto pesante, con il suo minaccioso color crema e una rilegatura in pelle. «Ecco, qui abbiamo proprio un suo ex-libris». Indica una scritta corsiva aprendo la prima pagina bianca a destra. Sotto il nome – molto lungo, posto in alto e al centro oltre che accompagnato dall'indicazione «a Prato, Val Lavizzara» – c'è l'anno: 1749. I bordi del foglio sono frastagliati e sulla carta non manca qualche macchia marrone, ma un occhio poco esperto non potrebbe mai pensare di avere di fronte a sé un documento di quasi trecento anni fa. Sfogliando le pagine, la stampa è perfettamente leggibile. 

«All'epoca, la qualità della carta era ottima», esclama Andrea Giovannini, consulente per la conservazione di beni culturali scritti. «Ecco perché hanno così pochi problemi di conservazione». Il 70.enne ha seguito vari progetti simili a questo, anche più grandi e alcuni ancora in corso. «Sono stato coinvolto allo scopo di studiare e mettere a punto le migliori condizioni di conservazione nella struttura di Prato Sornico, usando meno tecnologia possibile o, se possibile, niente del tutto». L'esperto spiega come questa sia una tendenza in atto da anni in vari contesti per ridurre i costi, per rendere più ecologico il modo di conservare i libri e i documenti e, dice, «per offrire una stabilità che la tecnologia non offre». 

La casa si trova in uno stato di abbandono e ne ha subito un successivo degrado. Non significa che non sia in salute, almeno per quanto riguarda la struttura, ma richiede opere importanti di consolidamento e di restauro
Hermes Killer, 34 anni, contitolare dello studio giulia e hermes architetti di Locarno, incaricato della progettazione del restauro di Casa Berna

Un unico nemico

L'unica cosa che potrebbe tollerare Giovannini è un leggero riscaldamento per l'inverno. «Ma spero di no». In parte lo diranno le misurazioni di precisione condotte sul posto. «Questi materiali hanno ancora mille anni di fronte a loro. Ma c'è un male per le biblioteche, l'umidità. È un fattore che può distruggere in tempi molto brevi carta, pergamena, pelle, legno... In assenza di umidità, però, siamo tranquilli, questi libri sono molto resilienti». La variazione di temperatura, insomma, non è così importante. «I libri non patiscono il raffreddore, non si ammalano... il freddo non fa loro male. A condizione che il valore di umidità sia tenuto d'occhio».

Ritratto di Giovanni Giulio Girolamo Berna, o solo Don Berna (1717-1804)
Ritratto di Giovanni Giulio Girolamo Berna, o solo Don Berna (1717-1804)

Insieme a lui c'è anche Hermes Killer, giovane contitolare dello studio giulia e hermes architetti di Locarno, incaricato della progettazione del restauro di Casa Berna. «La casa si trova in uno stato di abbandono e ne ha subito un successivo degrado. Non significa che non sia in salute, almeno per quanto riguarda la struttura, ma richiede opere importanti di consolidamento e di restauro. La costruzione è tutelata quale bene culturale a livello cantonale, quindi gli interventi di restauro dovranno essere di natura conservativa», evidenzia il 34.enne.

I lavori procedono a pieno ritmo. Su un tavolone in legno massiccio, pure quello di un'altra epoca, c'è appoggiato un portatile, blocchi per appunti, quaderni, evidenziatori e penne. Al centro, un foglio A4 quadrettato che riproduce in maniera schematica ma dettagliata i vari armadi con gli scaffali. 

Tutti i libri erano stati puliti e non erano stati trovati problemi. Solo alcuni danni di tipo meccanico, legati a un uso intenso
Andrea Giovannini, 70 anni, consulente per la conservazione di beni culturali scritti

La Storia nelle note di possesso

I libri della collezione di Don Berna erano già passati sotto mani esperte qualche anno fa. «Tutti i libri erano stati puliti e non erano stati trovati problemi. Solo alcuni danni di tipo meccanico, legati a un uso intenso», aggiunge Giovannini. Queste 'capsule del tempo', insomma, sono ancora in buona salute dopo quasi tre secoli. L'operazione di pulizia e prevenzione contro tarli e altri parassiti è avvenuta proprio nel periodo dell'ultimo trasferimento alla sede provvisoria nel quale si trovano ora, nell'ex casa comunale di Fusio.

«Il libro, per noi, non è solo l'esemplare di un'edizione», spiega ancora Laura Luraschi. «Racconta la sua storia, attraverso il possesso che ne è stato fatto nell'arco dei secoli. Rileveremo, infatti, tutte le varie note di possesso. La provenienza dell'arciprete di Locarno da una famiglia molto benestante della Val Lavizzara, gli ha permesso di avere accesso a un notevole mercato librario settecentesco, oltre che di confezionare questa biblioteca con un gusto anche interessante. Don Berna, infatti, oltre a far rilegare i volumi, faceva realizzare dei tasselli sui dorsi, indicando "Libreria Berna di Prato"». In effetti, a scorrere i dorsi sugli scaffali, l'indicazione si ripete numerose volte, con leggere variazioni di forme, tipo di carattere, dimensione e colore.

«Le biblioteche parrocchiali, anche quelle antiche di nostra conoscenza, di rado possiedono opere dei Padri della Chiesa. Questo tipo di pubblicazioni, sul mercato librario, avevano un costo sostanzioso perché erano composte da molti volumi. Qui, invece, ne troviamo parecchi, sia di padri latini, sia greci». Questo la dice lunga su Don Berna. L'arciprete si procurava volumi per lui contemporanei «ed era attento alle nuove uscite del mercato librario».

Nel 1796 un secondo inventario, l'ultimo, conta 879 volumi ma oggi ne abbiamo 800. Tra questi c'è un nucleo di un centinaio di 'seicentine' e una trentina di 'cinquecentine'
Laura Luraschi, 48 anni, Centro di competenza del libro antico della Biblioteca Salita dei Frati

Qualcuno manca all'appello

Nel 1796 redige di suo pugno un inventario, l'ultimo, di 879 volumi. «Oggi, però, ne contiamo 800. Tra queste c'è un nucleo di un centinaio di 'seicentine' e una trentina di 'cinquecentine'», sottolinea ancora Luraschi.

Zappa fa notare come sia sorprendente che un tale concentrato di cultura si trovi in una zona periferica. «Il luogo era stato anche aperto al pubblico in un periodo in cui non tutti sapevano leggere e scrivere. Don Berna con questo gesto pensa ai suoi confratelli, che svolgono il loro ministero in Val Lavizzara». Il pubblico, secondo lo storico, è di una ventina di persone «tra parroci, vice parroci e qualche cappellano».

Come è poi sorprendente anche il fatto che sia stata costituita sì nel luogo d'origine del suo promotore, ma quando questi non vi abitava più già da anni, dato che nel 1773 era stato eletto arciprete di Locarno, luogo dov'era poi rimasto fino alla morte, nel 1804. La biblioteca è stata costituita nel '76 e aperta al clero lavizzarese nell'84. «Abbiamo trovato documenti che indicano giorni e orari di apertura e, alla fine dell'anno successivo, cioè nell'85, è stato concesso anche il prestito a domicilio, a determinate condizioni». Insomma, il primo vero e proprio prestito di una biblioteca nella storia ticinese è proprio avvenuto in un piccolo paese della Lavizzara, oggi comune nel distretto di Vallemaggia. «La biblioteca, poi, ha continuato ad essere utilizzata almeno fino alla metà dell'Ottocento. Lo possiamo dire grazie al ritrovamento di alcune ricevute di prestito o di rientro di libri prestati».

La biblioteca si trovava nel locale buono, quello più ampio e meglio illuminato. E, per poterlo usare come saletta, è stato svuotato
Flavio Zappa, 59 anni, storico e collaboratore dell'Archivio di Stato, titolare dello studio Orizzonti alpini

Declino nello sgabuzzino

Nel corso del Novecento arriva il declino. La casa, di proprietà del beneficio, è messa in affitto. «La biblioteca si trovava nel locale buono, quello più ampio e meglio illuminato. E, per poterlo usare come saletta, è stato svuotato». Armadi su misura e libri finiscono in un locale più piccolo, non concepito per questo scopo. Passano gli anni fino a quando, nel 2008, si decide di salvarli dal degrado e metterli nell'ex casa comunale di Fusio.

«A quel tempo c'era ancora una Fondazione, Fondazione Casa Berna, che nel frattempo è stata sciolta, e che mi aveva dato l'incarico di questa operazione di messa in sicurezza», conclude sempre Zappa.

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